Il RAGAZZO DAI PANTALONI ROSA - Di Marta Baschirotto
Il film “Il ragazzo dai pantaloni rosa” diretto da Margherita Ferri è uscito al cinema lo scorso ottobre 2024 e narra la storia vera di Andrea Spezzacatena, che nel 2012 si tolse la vita esasperato da pesanti prese in giro, vittima di bullismo e cyberbullismo da parte di alcuni compagni di liceo. La madre gli aveva regalato dei pantaloni rossi che a seguito di un lavaggio sbagliato in lavatrice sono diventati rosa ma Andrea, trovandoli comunque belli da indossare, si è sentito libero di farlo al di là di ciò che avrebbero pensato gli altri. Come spesso accade in questi casi, l’escalation delle prese in giro diventa difficile da fermare, soprattutto se passa dai social network: l’eco si amplifica e il suo impatto sembra non avere fine.
Andrea non ha retto i continui commenti che i compagni, coetanei e altre persone che nemmeno conosceva scrivevano su un profilo Facebook aperto da un suo compagno – che lui fra l’altro considerava un amico – proprio per questo scopo.
I fatti sono avvenuti nel 2012, erano i primi anni in cui si maneggiavano i social network e Andrea è stato tra le prime vittime di cyberbullismo, parola che nemmeno esisteva prima dei social, appunto.
Oggi, 13 anni dopo, il bullismo e il cyberbullismo continuano a essere tema attuale e urgente, sebbene siano cambiati i modi e le declinazioni: Facebook non è più un social usato nelle fasce dei giovani e giovanissimi e, al di là di questo, i ragazzi sono maggiormente informati e consapevoli sull’uso dei sistemi digitali, sanno proteggere la propria privacy, sanno di non condividere materiale fotografico personale o relativo ad altre persone senza consenso, sanno a chi dar retta e a chi no.
Sanno tanto, anche più degli adulti. Ma gli episodi accadono ugualmente, in forme diverse, e i progetti di prevenzione su bullismo e cyberbullismo non cessano di esistere e di essere richiesti nella comunità educante.
E’ anche arrivata una legge per tutelare e arginare questo fenomeno dalle potenziali conseguenze devastanti: la legge 29/2017 sul cyberbullismo che, nel giugno 2024, ha avuto un’integrazione riguardante i fenomeni di bullismo.
La nuova normativa, ritenendo debole la precedente, ha rinforzato proprio l’aspetto legato alla responsabilità di chi compie atti di bullismo.
Art. 1 comma 1-bis: «Ai fini della presente legge, per "bullismo" si intendono l'aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, in danno di un minore o di un gruppo di minori, idonee a provocare sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all'autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni».
Con la legge 70/2024, si precisa quindi meglio la natura di “reato” del bullismo, che dai 14 anni può diventare punibile penalmente anche con la detenzione.
Da sole, però, le leggi non bastano per creare una cultura più incline al rispetto e all’ascolto delle diverse umanità.
Teresa Manes, la madre di Andrea, ha dichiarato: “E’ stato il silenzio a portarmi via Andrea”.
A volte è proprio l’isolamento nei confronti del mondo esterno – indotto e autoindotto – che impedisce alle vittime di superare la vergogna e il dolore provocati dal bullo e, indirettamente, da tutti coloro che sono testimoni di un atto di bullismo o cyberbullismo ma non fanno nulla per impedirlo. Emarginare un ragazzo che è stato deriso da un compagno o compagna è un comportamento frequente a scuola: perché è più facile evitare un problema che affrontarlo o, semplicemente, perché tutti lo fanno.
Andrea viene descritto come un ragazzo libero di esprimersi e con molti interessi, un adolescente che non si voleva fare condizionare dalle tendenze prevalenti. Non c’entra la sua presunta omosessualità, perché a 15 anni una persona sta solamente iniziando a comprendere le proprie preferenze sessuali e questo, nella narrazione del film, è un tema tratteggiato con coerente intensità.
Ci sono stati parecchi pareri favorevoli da parte del pubblico sul film, toccante anche per come viene narrato e interpretato dagli attori protagonisti. Non sono mancate le critiche, non sono mancati i commenti di vario genere e natura, anche omofobi (e a parere di chi scrive, fuori luogo).
“Il ragazzo dai pantaloni rosa” è un film che andrebbe visto nelle scuole, a partire dai 12 anni di età, con un’opportuna riflessione e accompagnamento del mondo adulto: la storia è forte e dal finale tragico ma il messaggio è importante e necessario. Attraverso il film ci troviamo immersi in un mondo di relazioni, familiari e amicali complesse che possono essere anche molto vicine alla nostra quotidianità, ci immedesimiamo facilmente, perché le relazioni sono nutrimento delle nostre vite e Andrea stesso è portatore di una ricchezza interiore ed esteriore che commuovono.
L’elemento relazionale è trasversale e universale. Oggi più che mai viviamo nell’emergenza relazionale, nell’importanza di distinguere le relazioni autentiche da quelle “fittizie”, spesso originate nella dimensione virtuale, dove viviamo circondati da follower e “amici” ma dove rimbomba anche un’insidiosa solitudine.
Siamo scivolati in un’epoca post-moderna dove il pensiero, anche modificato dall’uso degli strumenti digitali, si è appiattito in una dimensione “bianco o nero”, alias “giusto o sbagliato”, senza vie di mezzo e senza possibilità di confronto e dialogo autentico.
Questo ha portato anche ad un aumento di stili di comportamento verbale e non verbale maggiormente violenti che strizzano l’occhio ad atteggiamenti di bullismo a cui ci stiamo abituando pericolosamente.
Vedere il film può essere un’occasione per riabituarsi a modi più gentili e delicati, per darci il giusto tempo di stare e conoscere gli altri nel rispetto delle diversità. Meno immediatezza e più complessità: perché le relazioni sono più complesse di come sembrano ad un primo sguardo e non sempre rispondono in modo immediato.
Il film è anche un invito a tutti gli Andrea a trovare il coraggio di parlare. Per ricordare alle vittime di bullismo che non sono sole, che c’è sempre qualcuno che le ama e le sostiene intorno a loro, anche se è difficile rendersene conto. Qualcuno per cui vale la pena di superare il dolore di oggi, che non sarà necessariamente anche il dolore di domani.
Nonostante tutto e tutti, bisogna avere la capacità di guardare avanti e avere fiducia nel futuro. Trovare la forza di spezzare il silenzio… perché il silenzio ci porta via i ragazzi.
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Dottoressa Marta Baschirotto
Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico transculturale, si occupa di clinica con bambini, adolescenti, giovani-adulti e genitori. Lavora da più di 20 anni a Milano, in contatto con diverse realtà pubbliche, scuole e privato sociale. Attualmente collabora con il Consultorio Familiare di viale Restelli, il Centro PsicoPedagogico operante con alcune scuole primarie e secondarie del Municipio 3 sostenuto dall’azienda Bracco e privatamente nel Centro Psicoterapia e Logopedia Niguarda, studio multidisciplinare dedicato principalmente a bambini, adolescenti e famiglie.
www.centropsicoterapianiguarda.org | CPP Bracco, sede di Milano