Viviamo tempi alquanto incerti e dis-perati, nel senso letterale del termine: la speranza nel futuro è venuta a mancare un po’ in tutta la popolazione, purtroppo anche nei più giovani. L’uso di smartphone e social-network ha appiattito la fantasia e la creatività delle persone uniformando canoni di perfezionismo e bellezza che talvolta sono difficili da realizzare ma con cui ci si confronta costantemente e questo, soprattutto negli adolescenti, può avere un effetto devastante.
Tra le eredità lasciate in patrimonio dalla pandemia emergono preponderanti proprio i temi del disagio e della salute mentale degli adolescenti e, anche se sono passati alcuni anni dalla fine del Covid, la situazione non accenna a migliorare. Perché? Da cosa dipende il disagio dei giovanissimi e cosa possiamo fare per fermare questo malessere diffuso?
La Dottoressa Marta Baschirotto, Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico transculturale che da anni si occupa di clinica con bambini, adolescenti, giovani-adulti e genitori, ci ha dato un parere qualificato sull’argomento.
La nostra società è stata più volte definita pericolosamente narcisista e in questo narcisismo ci si sente davvero soli.
Per i ragazzi è difficile assolvere i compiti evolutivi di crescita in modo sereno e gioioso, è molto più semplice cadere nel “tormento”, che ha sempre fatto fisiologicamente parte dell’essere adolescente, ma che oggi appare amplificato.
Disturbi d’ansia, disturbi alimentari, autolesionismo, attacchi di panico, abbandono scolastico, fobie, isolamento e ritiro sociale sono tra i più frequenti motivi di malessere e disagio tra i giovani.
Ci sono fior di pubblicazioni, psicologi, neuropsichiatri e servizi specialistici che trattano questi temi con estrema competenza ma, dato che ci troviamo di fronte a questioni che hanno profonde implicazioni sulle singole famiglie e sulla società nella sua interezza, la componente adulta può e deve riflettere su tali aspetti in un modo nuovo.
Da inizio ottobre 2024 al Teatro Franco Parenti di Milano va in scena uno spettacolo per famiglie e ragazzi molto potente: “Chi come me” di Roy Chen, con la regia di Andrée Ruth Shammah, una storia dolorosa e "terapeutica" intepretata da attori molto giovani che sta avendo un importante riscontro di pubblico e di critica.
Tratta di 5 adolescenti con 5 diagnosi diverse ricoverati in un centro di salute mentale.
Nella sala teatrale che accoglie la rappresentazione, intima e avvolgente, gli attori si muovono tra il pubblico e il pubblico è reso parte integrante dello spettacolo, nel senso che senza dover fare nulla all’improvviso si trova ad essere coinvolto in modo attivo nell’emotività espressa dai giovani protagonisti.
“Chi come me” è il nome di un gioco proposto dall’attrice-insegnante di teatro che porta i ragazzi-pazienti a condividere le proprie esperienze, sensazioni e/o paure e a scoprire, tra le risposte del pubblico, di non essere i soli ad avere avuto quel tipo di pensieri o vissuti. Ci si ritrova così, tutti quanti, a sentirsi meno fragili e meno diversi nella condivisione: il pubblico man mano scioglie l’imbarazzo e risponde numeroso.
Lo psichiatra curante è anch’egli in alcuni momenti travolto da dubbi e ombre, nonostante la sua competenza ed esperienza: a dispetto di quello che comunemente si crede, siamo tutti figli di storie parziali, vissuti di incomprensione, senso di inadeguatezza. Chi più, chi meno.
Grazie a Internet, a Google, che ci hanno aperto a infinite informazioni, spesso cerchiamo rifugio in qualche etichetta diagnostica per trovare orientamento nel malessere che viviamo dentro di noi. Ma giustamente, il Dott. Bauman – psichiatra dello spettacolo – afferma che non è la diagnosi a definire una persona, ma la persona definisce la diagnosi. Questa è una grande verità, ogni persona rimane unica e irripetibile, la diagnosi fa soltanto da sfondo, se di diagnosi si tratta.
L’aumento dei disturbi in età adolescenziale ha portato i giovani a confrontarsi spesso su etichette diagnostiche, a scomparire dietro elenchi di caratteristiche di una determinata classificazione. E’ utile tutto ciò? Aumenta il benessere dei nostri ragazzi? E dove sono gli adulti? Possono fare qualcosa?
Non escono bene dallo spettacolo, gli adulti. Ci sono i genitori ma sembrano caricature di sé stessi, distratti dalle loro questioni “vitali”, dai loro viaggi, dai loro problemi. Sembrano preoccupati ma distanti, perché è difficile stare nella preoccupazione e occuparsi di qualcosa che spaventa, di cui non si ha risposta immediata.
Invece, la soluzione dovrebbe partire proprio dai “grandi”: nel creare dei buoni argini per contenere le spinte evolutive dei ragazzi, nel trasmettere fiducia nelle relazioni per aiutarli a costruire il proprio futuro a partire da un presente più saldo. In sintesi, nello stimolare lo sviluppo di un’educazione e un’intelligenza sentimentale che proteggano e nutrano il rispetto, l’ascolto dell’altro e la reciprocità. Insomma, nel tornare a coltivare l’empatia e la comprensione dell’altro al di là dei giudizi e dei pregiudizi.
Oggi siamo di certo più consapevoli dei nostri genitori circa le nostre emozioni e la nostra dimensione interiore. Purtroppo, questo non vuol dire che sappiamo gestire al meglio i rapporti sociali, di coppia e intergenerazionali: basti pensare a quanto sono diffuse nella nostra società le relazioni tossiche, le dipendenze affettive e le dinamiche di manipolazione e di violenza psicologica che spesso scaturiscono proprio da una gestione disfunzionale del patrimonio emotivo…
Il suggerimento è quello di partire dalle emozioni… cercando di aver meno paura di stare accanto alla sofferenza e dandoci la possibilità di accoglierla e accompagnarla dentro di noi con delicatezza, perché certi temi riguardano e toccano l’emotività di ciascuno di noi nel profondo. Alla fine, ci si scopre molto più simili agli altri nelle diversità e nelle fragilità.
Qualche testo per approfondire:
- Stefano Rossi: “Sentimenti MALeducati. Coltivare l’intelligenza affettiva per insegnare ai ragazzi le cose dell’amore”. Feltrinelli ed;
- Stefano Rossi: “Se non credi in te, chi lo farà? L’arte di sopravvivere all’adolescenza”. Feltrinelli ed.
- Alberto Pellai: “L’educazione emotiva”. De Agostini ed.
- Miguel Benasayag, Gerard Schmidt: “L’epoca delle passioni tristi”. Feltrinelli ed.
- Gustavo Pietropolli Charmet: “Il motore del mondo”. Solferino ed.
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Dottoressa Marta Baschirotto
Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico transculturale, si occupa di clinica con bambini, adolescenti, giovani-adulti e genitori. Lavora da più di 20 anni a Milano, in contatto con diverse realtà pubbliche, scuole e privato sociale. Attualmente collabora con il Consultorio Familiare di viale Restelli, il Centro PsicoPedagogico operante con alcune scuole primarie e secondarie del Municipio 3 sostenuto dall’azienda Bracco e privatamente nel Centro Psicoterapia e Logopedia Niguarda, studio multidisciplinare dedicato principalmente a bambini, adolescenti e famiglie.
www.centropsicoterapianiguarda.org
CPP Bracco, sede di Milano
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Lo spettacolo “Chi come me” va in scena al Teatro Franco Parenti di Milano fino al 22 dicembre – e si spera anche più a lungo, visto il grande successo di pubblico ottenuto finora.
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