Il genere letterario della fiaba ha origini molto antiche – alcune fiabe risalgono addirittura a seimila anni fa – e viene dalla tradizione popolare, storie brevi tramandate oralmente che venivano raccontate fra adulti intorno al fuoco, oppure durante le attività manuali ripetitive o poco impegnative, ma anche ai bambini, per intrattenerli, educarli o ammonirli. Incentrate su personaggi come re, regine, cavalieri, affiancati a personaggi fantastici quali draghi, streghe e maghi, erano di intento spesso pedagogico o moralistico.
Le fiabe parlano lo stesso linguaggio semplice dei bambini e descrivono un mondo magico o fantastico dai contorni sfumati, privo di connotazioni temporali precise. Affondano le loro radici nei problemi reali che esistevano all’epoca in cui hanno avuto origine (pestilenze, carestie, guerre) ma, poiché le difficoltà che l’uomo si trova ad affrontare si ripetono nel tempo, i temi delle fiabe rimangono sempre attuali, sono universali. Le fiabe usano i meccanismi del cuore per raccontare gli accadimenti, facendo leva sulle emozioni e sulle paure più radicate nell’animo umano, quelle innate e quelle che risalgono alla nostra infanzia, come la paura dell’abbandono, del rifiuto da parte di un genitore, la paura dell’ignoto, del buio, e così via. Insomma, le paure tipiche dei bambini. Per questo, le fiabe sono il genere più adatto per aiutare i bambini a superare le loro paure.
I personaggi delle fiabe hanno caratteristiche molto nette e marcate: non esistono in genere sfumature e ambiguità, a meno che questo non sia un effetto voluto dall’autore con scopi funzionali alla narrazione – ma si tratta di casi molto rari. Questo permette al bambino di capire senza esitazione chi sono i buoni e chi sono i cattivi, chi sono i furbi e chi sono gli stolti, chi sono i coraggiosi e chi sono i pavidi, e di decidere subito da che parte stare. Il bambino si identifica in modo immediato e spontaneo con l’eroe. Così come l’eroe di una storia deve superare delle prove, anche il bambino inizia a comprendere che può essere capace di superare le difficoltà che gli si presentano davanti e ad acquisire fiducia in sé stesso.
Attraverso gli eroi e i cattivi della fiaba, i bambini imparano inoltre a distinguere il bene dal male perché proiettano su di loro, rispettivamente, il conflitto positivo-negativo presente all’interno dell’essere umano. A volte la fiaba ha proprio uno scopo di ammonimento e usa la paura per mettere in guardia i bambini dal farsi “tentare” dal male. Questo succede ad esempio in una delle fiabe più famose di tutti i tempi, Cappuccetto Rosso. Nei Racconti di Mamma Oca pubblicati nel 1697, Charles Perrault mette per iscritto questa fiaba che fino ad allora faceva parte della tradizione orale e inventa il fortunato nome della bambina rimasto poi attaccato a tutte le versioni successive della storia, dando alla vicenda una connotazione chiaramente moralistica e pedagogica: la scelta del cappuccio rosso da parte di Perrault per molti alluderebbe alla maturità sessuale della protagonista, esplicitando il legame con il tema della seduzione da parte di un essere tentatore (il diavolo, rappresentato dal lupo). Perrault inserisce nella fiaba altri chiari riferimenti sessuali: Cappuccetto che si spoglia e giace nel letto senza vestiti con il lupo e una spiegazione finale della morale in cui invita le “giovanette carine, cortesi e di buona famiglia” a non dare ascolto agli sconosciuti. L’intento educativo della fiaba verrà reso ancora più evidente dai fratelli Grimm nell’Ottocento con l’aggiunta dell’ammonizione della mamma “Cappuccetto Rosso, non fermarti nel bosco”, anche se verranno tolti tutti i particolari ambigui di Perrault. La figura dell’Uomo Nero serviva in passato proprio a convincere il bambino a non allontanarsi da casa, a non lasciarsi avvicinare dagli estranei, era quindi un modo per proteggere il bambino e farlo stare buono.
Anche il lieto fine, soprattutto per i più piccoli, nelle fiabe è funzionale a tenere a bada le paure e a far aumentare autostima e sicurezza: il bene trionfa e il bambino si sente rassicurato che potrà superare le difficoltà che si trova di fronte nella vita reale, così come l’eroe è riuscito nella sua impresa.
Spesso l’eroe per arrivare a realizzare la sua impresa deve compiere un viaggio, da solo. Si affronta in questo modo il tema del distacco dalla famiglia per andare alla scoperta di mondi sconosciuti. Al bambino si insegna che il distacco è necessario per crescere, ma che alla fine ci sarà un ricongiungimento con le persone amate. Durante il viaggio l’eroe affronta in molte avventure. Ciò che sconosciuto non è solo fonte di paura e pericolo, diventa anche un’occasione per conoscere il mondo e fare degli incontri positivi. L’eroe può contare solo sulle sue forze e anche questo è un insegnamento per l’autonomia del bambino.
In alcuni casi nelle fiabe si trova il tema del dolore per la morte di un genitore o di un amico. Noi adulti per primi dobbiamo fare i conti con il fatto che le cose brutte accadono anche da bambini. Capita a volte che nella vita reale i bimbi piccoli vengano protetti da tutte le emozioni fortemente negative, ad esempio, non sono coinvolti nel funerale di un genitore scomparso prematuramente o del nonno, per risparmiare loro un dolore ritenuto troppo grande da affrontare. Invece, secondo gli esperti, il commiato da una persona cara che non c’è più è fondamentale per il bambino, perché lo aiuta a prendere contatto con la morte. Introducendo argomenti legati alla scomparsa di un personaggio caro all’eroe, le fiabe possono aiutare gli adulti ad aprire un dialogo con i bambini anche su un tema delicato come quello del lutto.
Un’altra strada per esorcizzare le paure attraverso le fiabe è l’umorismo. La presenza del cattivo nelle fiabe è molto importante per i bambini perché rappresenta la parte negativa di ciascuno noi con la quale ci troviamo a dover fare i conti. Mettendo in ridicolo certe caratteristiche del cattivo, i bambini acquisiscono consapevolezza di sé stessi, dei propri limiti e della realtà che li circonda e imparano a sdrammatizzare le difficoltà attraverso l'autoironia, passaggio anch'esso fondamentale nel percorso di crescita. Questo tipo di approccio soft alle paure dei bambini è molto frequente nelle favole moderne, favole che propongono personaggi e vicende della tradizione popolare rivisti in chiave umoristica (“Quei dannati sette capretti”) o che introducono personaggi "mostruosi" del tutto nuovi e avulsi dalla tradizione che risultano alla fine per nulla spaventosi e molto amati dai bambini (“Il Gruffalò”). Ridere della realtà attraverso le fiabe può insegnare ai bambini a sorridere di sé stessi e a trovare soluzioni nuove e creative per affrontare le sfide quotidiane.